XXVI CORSO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO
DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA
RELAZIONE DI UN GRUPPO DI LAVORO
Dal 12 al 15 febbraio 2025 a Messina, presso l’Istituto Teologico “S.Tommaso” si è tenuto il XXVI Corso Nazionale di aggiornamento degli insegnanti di religione cattolica, “Educazione emozionale e IRC”.
Anche noi di Appunti siamo riusciti ad essere presenti e a presentare ai colleghi, ai margini del corso stesso, la nostra esperienza di condivisione e studio.
Il corso si è aperto con una domanda di tenore pastorale che in qualche modo tange il modo di concepire l’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana, ovvero ci si è chiesti
se l’architettura emozionale dell’umano può preparare, strutturare o in qualche modo fare da supporto all’atto di fede. Ovvero, può la fede essere educata?
Lasciando la questione a più sagaci ed illuminati teologi, forse noi idr a scuola non dovremmo neppure provare a farlo, in forza della nostra presenza incastonata legislativamente nel quadro delle finalità della scuola.
Emozioni però abitano e muovono i racconti del Dio biblico, dei protagonisti dell’antico e nuovo Testamento e del personaggio storico che porta il nome di Gesù di Nazareth: qui si apre educativamente un’occasione poderosa per indirizzare le narrazioni verso un’esplicitazione plastica delle multiformi dimensioni emozionali, offrendo letture, spunti e contraddizioni, cioè risorse di significato capaci di illuminare prospetticamente la
propria ed altrui postura, ovvero la relazione che ognuno di noi ha con sé stesso, con gli altri e con il mondo, anche con fare critico e progettuale. Ogni emozione, in sé mai colpevole o
sbagliata, andrebbe correlata alla situazione a cui risponde o essere almeno accolta, con l’energia che smuove e mette a disposizione: l’obiettivo potrebbe essere quello di permetterle
l’accesso alla dimensione orchestrata del sentimento, in modo consapevole e degno di una persona che – anche - attraverso il proprio sentire conosce e decide della qualità della propria esistenza, dando trama alla libertà nella direzione di una crescente responsabilità ed autonomia, fattori strutturali, tra l’altro, di ogni competenza disciplinare e trasversale.
Nell’attuale contesto socioculturale, pervaso da un individualismo dai tratti cinici e da un crescente isolamento presidiato (intasato, dis-perato?) dalla tecnologia, l’istanza educativa
sembra sempre più chiamata ad abitare i confini – luoghi dove la trascendenza propria dell’umano potrebbe correre il rischio e subire il fascino di un’alterazione esistenziale di sé – con una didattica trasformativa che parta dall’esperienza chiamando all’azione per suscitare una metariflessione. In quanto idr, meno legati a pressioni oggettive nell’approssimarsi degli esami che cadenzano il mondo della scuola, potremmo investire quel quid di innegabile libertà progettando cammini dove acquisire consapevolezza delle emozioni in una prospettiva che sappia andare oltre partizioni multidisciplinari e federazioni interdisciplinari, fino a spingerci verso quella transdisciplinarietà che dà respiro ad ogni studente e studentessa quando riesce la sintesi del percorso educativo/curricolare in una competenza personale che supera e non confonde, ma promuove, competenze disciplinari e trasversali precedentemente sostanziate da capacità e conoscenze, connotate anche emotivamente. Questa prospettiva nel suo accadere necessita di confronto e collaborazione continua tra le diverse discipline, tutte chiamate a divenire agili dinamismi duttili al servizio del massimo
successo formativo non di chiunque, ma di ciascuno.
Supposto che l’abbia mai fatto, questo vuol dire che l’IRC non può più ritenere sé stessa disciplina migliore perché diversa e diversa poiché più costruttiva per l’insondabile e misteriosa interiorità del discente: nella succitata ottica transdisciplinare questa costruttività è un servizio precipuo e caratterizzante esattamente tutte le discipline e tutti i e le docenti del consiglio di classe di qualsivoglia scuola.
Gli idr sono lavoratori della scuola con il doppio mandato ecclesiastico/scolastico e con il preciso impegno culturale sancito dalla legge 121 del 1985, nel tempo hanno costruito una
competenza educativa, didattica e metodologica qualificata e di spessore, ma è interessata la Chiesa ad ascoltare i loro racconti, la loro visione della scuola, la loro narrazione di ciò che
potrebbe o addirittura dovrebbe essere fatto in un mondo dove la continua accelerazione è un dato ormai acclarato? Crediamo ancora nella qualità profetica dei segni dei tempi?
I ragazzi ormai non sono più quelli di una volta, sono cambiati. Anzi, a dirla tutta, i ragazzi di una volta non sono mai esistiti. E allora anche i docenti di una volta non esistono più: in cosa
consiste oggi questa trasformazione? Chi può scattare una fotografia e quali parole possono fissarla? E in quanto idr, quanto saremmo disposti a riconoscerci cambiati e a cambiare
ulteriormente?
Forse, detto a bassa voce, da corsi di formazione come questo se ne potrebbe uscire rilanciando una ricerca-azione che possa accompagnare i vicendevoli e grati saluti finali, che sappia trasformare un insieme frastagliato di colleghi in un gruppo di lavoro. Certo, sarebbe faticoso, bisognerebbe trovarsi, capire quali potrebbero essere gli strumenti di investigazione, di controllo, di valutazione e di sintesi. E poi sperimentare e rendicontare, interfacciandosi per intus-legere un mondo sempre più complesso. Perché, se di tale complessità dovessimo un giorno morire, l’ultimo respiro ci trovi vivi.