Il Boro Sashiko è un’antica e tradizionale tecnica giapponese di cucito usata per l’assemblaggio di pezzi di tessuto ancora utilizzabili o il rammendo di kimono usurati. I Boro Sashiko spiccano oggi, come ieri, per la loro apparente semplicità, racchiudono i principi estetici ed etici della cultura giapponese come la sobrietà e la modestia, l’imperfezione, ovvero l’aspetto irregolare, incompiuto e semplice e soprattutto l’avversità allo spreco e l’attenzione alle risorse, al lavoro e agli oggetti di uso quotidiano. Questo è un racconto senza tempo… in cui l’ago si è trasformato in penna, un racconto di Appunti, di incontri virtuali e casuali, di richieste di informazioni a cui viene risposto “in effetti siamo quasi alla fine del percorso, ma se ci sono altre domande potremmo organizzare un altro turno…” E dopo una decina di giorni ti avvisano che altri, come te, si sono uniti nella necessità e quindi: videochiamata per guardarsi in faccia e decidere se ri-cominciare una nuova fase di studio. Meraviglia: siamo in tanti e tante e… dai che si parte! Racconta Luigi: “ho conosciuto Appunti nel giugno del ’23, quando la propulsione dell’approfondimento cooperativo dei primi partecipanti si stava rilanciando nell’allargare i margini relazionali di un’esperienza che richiedeva la fatica del lavoro progettuale, comportava la struttura della collaborazione, pretendeva costanza e fedeltà (in tempo estivo!) e, non ultimo, trasudava della voglia di non sentirsi soli e/o sfruttati di fronte all’occasione di un forse finalmente ineunte concorso. Un sudore che profumava di speranza, virtù che fa rimboccare le maniche ed affinare lo sguardo. La faccenda proveniva da un gruppetto di insegnanti di religione non di ruolo che avevano deciso di aiutare altri insegnanti di religione “attraverso una via” che li aveva già visti camminare in compagnia tra loro, producendo una sintesi – anche – di contenuti, che oltre al metodo erano intenzionati a condividere, rigenerando in altri la voglia di approfondire studiando. Ma soprattutto disposti a seguire ogni nuovo gruppo affiancandosi come tutores dei vari gruppi. Il prezzo non era però banale: bisognava starci, presentarsi, mostrare la faccia e la volontà di costruire qualcosa insieme a colleghi di altre regioni, che capitavano a caso come compagni di viaggio, seguendo poche e chiare regole (impegnarsi, esserci, esporsi). Da quel che ne ho capito, l’esperienza è scaturita originalmente dal bisogno reale di una formazione finalmente efficace, che ha colto il tempo propizio del concorso, senza però farsene del tutto determinare, sapendo invero andare ben oltre, capace di ridisegnare in molti la fiducia nella propria dignità professionale, attraverso occasioni di conoscenza personalizzante e di lavoro condiviso. Ne è scaturita un’occasione di crescita, tramata dalla fatica di mandare a memoria una non sempre lineare normativa, sostenuta dallo scambio relazionale ed a volte travagliata dal conflitto ermeneutico di diverse prospettive le une verso le altre votate al confronto”. Prosegue Cettina “ È estate e con temperature da incubo: i Meet si susseguono con cadenza settimanale tra scosse di terremoto, stazionamento in posti improbabili per trovare refrigerio, scoperte di Canva e incontri di gruppo infiniti. Ma è estate! (E allora?). Siamo in ferie (pensa a studiare!). Non mi arriva l’iscrizione su Canva (ma hai inviato correttamente i dati?). Sono in Africa (se trovo la connessione mi collego). Un insieme di casi problematici che a volte si capiscono al volo, altre litigano aspramente, ma sempre si ritrovano davanti ad una consegna di una o più slides da realizzare (e ancora non avete visto nulla!). Si finisce un percorso??? Noooo, ci sono altre persone in lista! E si riparte! Ma siamo al terzo turno! (Non pensarci, dai una mano). E se esce il concorso? (Poi ci pensiamo!). Intanto ci sono altre persone, ed altre, e ancora altre… Ogni tanto saltano i nervi, ma le dici direttamente le cose, e vai avanti. In fondo è evangelico: “nessuno che metta mano all' aratro e poi si volge indietro…” (cf. Lc. 9, 62). E impari sul campo - ma forse è più adatto “sulla rete” - che un percorso veramente cristiano ha bisogno di incontri (anche virtuali nella forma ma reali nella sostanza), di sostegno reciproco, di sfuriate varie, di gente che va ma molta più che viene, di imparare che solo insieme si procede, tenendo conto di tutto e di tutti, ma anche riuscendo a lasciare andare, a volte dolorosamente, chi per motivi vari (forse non sempre condivisibili totalmente, ma sempre da rispettare) decide di prendere altre strade o di fermarsi. Imparando, cadendo e rialzandosi. Con l’impegno non scritto ad arrivare in fondo, INSIEME”. Raccontano Antonina Brischetto, Stefania De Nicola, Justyna Glowacka, Dayana Nulli, e Claudia Semerari “In questo tempo in cui la Chiesa universale, su invito di Papa Francesco, cerca di riscoprire, non senza fatica, il valore della sinodalità, principio agapico costitutivo della vita ecclesiale, per noi è nato un vero cammino sinodale di formazione. Da questo germoglio di sinodalità, stanno maturando frutti di comunione e di formazione tra Idr di tutte le regioni di Italia. Quando ci siamo incontrate per la prima volta un insieme di curiosità mista a timore ci accompagnava, una marea di domande affollava la nostra mente: come saranno queste colleghe? Riusciremo a lavorare insieme anche a chilometri di distanza, con realtà scolastiche diverse, vissuti diversi, tempistiche diverse? Invece è stato un incontro del tutto naturale, ci siamo ACCOLTE, camminando insieme, in un accordo di condivisione, ognuna di noi ha messo a disposizione delle altre i propri talenti, le proprie potenzialità, sperimentando quanto già presente in At. 4, 32. Questa collaborazione ha fatto crescere in noi un sentimento di amicizia pura, tanto che ci porta a sostenerci anche nei momenti bui che si presentano lungo il cammino della nostra quotidianità. Abbiamo scoperto di avere molte cose in comune, prima fra tutte l’amore e l’affetto che ci lega ai nostri alunni e che ci spinge a migliorarci sempre più, accettando le sfide del tempo presente e futuro. Ci siamo incontrate ogni settimana con la voglia di scoprire cosa le nuove frontiere del digitale ci avrebbero richiesto, abbandonando la nostra comfort zone.” La forza del progetto sta nel gruppo: ognuno è prezioso e pronto a donare un grosso contributo. Il gruppo è un luogo di aiuto reciproco. Un luogo dove si impara. Un luogo dove si chiarisce ciò che non è stato capito perché qualcuno lo spiega ancora. Un luogo positivo dove si costruisce. Un luogo gratuito dove ognuno porta il proprio talento. Un luogo di impegno serio. Un luogo sicuro dove ciò che ognuno condivide nasce lì e lì resta. Non è un luogo dove arraffare materiale che comunque non si saprebbe utilizzare (di testi e corsi ce ne sono in giro tanti, noi impariamo facendo). Il gruppo è un luogo dove ci si mette la faccia, dove ci si conosce e ci si incontra seppure virtualmente. Non è un luogo da spettatori muti, è richiesta la presenza almeno una volta a settimana ma spesso anche due. Qualcuno non c’è stato ed ha mutato rotta, salutando, oppure sbattendo porte e stressando cardini dell’attenta ed abbastanza paziente regia, che comunque non è mai mancata ed ha sempre favorito la graduale costituzione di un patrimonio di sintesi tra normative, prassi, metodologie e abitudini creative di insegnamento-apprendimento; ma soprattutto una storia di relazioni: volti, voci, opinioni, paure e speranze. Ma, in pratica, Appunti, che è? Forse, come dice Luigi, “semplicemente la proposta di progettazione di un’uda dove il compito di realtà è quello di progettare un’uda, ovvero un vasto, denso, elaborato, condiviso sforzo metacognitivo a immediata curvatura pratica/espositiva; lì ogni passo di rielaborazione accede alla propria espressione sintetica in un progetto di Canva pubblicamente discusso, criticato, negoziato. Pungolati dalla reale necessità di prepararsi a un concorso, in un clima di life learning style, esponendo ci si prepara ad esporre, dopo essersi esercitati a progettare, progettando. Effetto collaterale e prevedibile sono le relazioni che si instaurano, che portano un bergamasco a interessarsi di cose che accadono in Sicilia o non si verificano in Molise e che rendono faticoso salutare volti e voci che hanno accompagnato il percorso, una volta che questo abbia oggettivamente espresso una conclusione. Effetto collaterale meno prevedibile è la difficoltà avvertita da alcuni ad abbandonare il percorso in quanto tale, come se l’esperienza di condivisione avesse promesso e tuttora rimandasse a un’ulteriorità di senso accessibile solo nella progressione espansiva, verso un orizzonte dai tratti non ancora delineati eppur già affascinanti. Tratti mutevoli, perché ad oggi il percorso di Appunti si è ripetuto sette volte, crescendo costantemente, ma in modo residuale, come se abitasse una zona di sviluppo prossimale dove la ricorsività avanza disegnando il movimento tortile di un curricolo verticale, nell’esercizio di un dono. Esso non ha ancora smesso di ispirare la speranza che le relazioni, nate dal e nel confronto professionale, possano un giorno innervare una professione che dall’incessante confronto sappia estrarre risorse critiche e creative per capire e capirsi: così le relazioni stesse diventeranno l’occasione buona per sperare in una vita sensata. Difficile fermarsi, perché quando ti chiedi poi degli altri, non puoi non ammettere che in fondo anche tu, cioé, insomma, ecco, appunto. Appunti.”. L’idea di base è semplice e ne ritrovo le radici nella mia formazione, “solo attraverso il contributo di tante persone, provenienti da luoghi, mondi, vissuti diversi è possibile realizzare qualcosa di grande che trascende il significato di ogni singolo pezzo, di ogni singolo punto e crea un valore unico e indivisibile”. Sono grata a tutti coloro che hanno preso parte a questo progetto contribuendo a realizzare questo piccolo ricamo.