Ricorsi IRC

La sentenza C-282/19 della Corte di Giustizia Europea del 13 gennaio 2022 riconosce la violazione della clausola 5 della direttiva comunitaria 1999/70. Il trattamento lavorativo riservato agli insegnanti di religione è da ritenersi una discriminazione lavorativa a cui lo Stato italiano è tenuto a rimediare. Ad essere ritenuti irregolari sono l’abuso di contratti a termine e l’esclusione degli IdR del piano di stabilizzazione previsto per altri docenti con la L. 107/2015.
L’utilizzo di contratti a tempo determinato per gli insegnanti di religione è stato sistematico, tanto da renderne evidente l’abuso da parte del Ministero.
Se anche restasse esclusa la possibilità di una conversione del contratto a tempo indeterminato, in quanto non prevista dalla normativa italiana, gli insegnanti di religione hanno almeno la possibilità di ottenere giustizia vedendosi riconosciuto un risarcimento economico e con ciò possono esercitare pressione al fine di ottenere una giusta procedura di stabilizzazione.
A questa prima conquista ne è seguita presto un’altra: il Consiglio di Stato, con sentenza n.1842 del 16 marzo 2022, ha riconosciuto il diritto ad ottenere la Carta docente anche agli insegnanti di religione cattolica incaricati annuali.
Questa nuova sentenza annulla sia l’art. 2 del DPCM n. 32313 del 25 settembre 2015 che ha definito le modalità di assegnazione e di utilizzo della Carta del docente, indicando come unici destinatari i docenti di ruolo a tempo indeterminato delle scuole statali, sia la nota del Ministero n.15219 del 15 ottobre 2015, che nel fornire alcune indicazioni operative in ordine alla Carta, ha ribadito la sua assegnazione esclusivamente ai docenti di ruolo e non ai docenti a tempo determinato. A seguito di tale annullamento, anche gli insegnanti con contratto a tempo determinato hanno diritto a tale prestazione. Per la formazione in servizio non è concepibile una disparità di trattamento tra personale di ruolo e non di ruolo. Questo principio viene tutelato dall’art. 3 della Costituzione (tutela del diritto di uguaglianza e non discriminazione), dall’art. 35 della Costituzione (tutela della formazione ed elevazione professionale dei lavoratori) e dall’art. 97 della Costituzione (imparzialità e buon andamento amministrativo), nonché degli artt. 63 e 64 del vigente CCNL del 29.011.2007 e s.m.i. del 19.04.2018, oltre che dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE.
Ipotizzare che il ministero dell’Istruzione provveda, tramite il Mef, ad assegnare i 500 euro annui anche ai 15 mila precari di religione, appare poco realistico, immediatamente i precari delle diverse discipline chiederebbero un uguale trattamento con un esborso di denaro davvero importante. Per questo pare opportuno procedere ricorrendo alle vie legali. Diversi sindacati sono partiti prontamente organizzando i ricorsi, altri hanno ponderato attentamente l’opportunità di farlo e altri ancora parevano rimanere indifferenti a questa possibilità, demonizzando i ricorsi come strumento di giustizia e accusando chiunque li utilizzasse. Per quanti avessero, infine, abbandonato la loro diffidenza, occorre ricordare che il sistema giudiziario italiano e il giudice ordinario afferiscono a un settore differente rispetto alla giustizia amministrativa a cui fa riferimento la sentenza relativa alla carta docente. Per giudicare sugli atti emanati dalle sedi centrali della pubblica amministrazione e quindi anche sugli atti del Ministero dell'Istruzione è competente il TAR del Lazio. Le sentenze dei TAR possono essere impugnate di fronte al Consiglio di Stato che decide in via definitiva. Solo le sentenze del Consiglio di Stato hanno valore su tutto il territorio nazionale e possono costituire un orientamento definitivo valido a livello nazionale. Proprio per questo motivo pare che le possibilità di ottenere giustizia siano buone e gli idr non devono temere di conservare questa speranza.