D.L. 29 dicembre 2022, n. 198. Milleproroghe

Il Decreto Legge Milleproroghe va a modificare il comma 1 dell’art.1 bis, già corretto lo scorso anno e quello ancora precedente. La copertura finanziaria che autorizza il Ministro a bandire un concorso è estesa al 2023 per i posti che risulteranno vacanti e disponibili nel triennio 2023/24 - 2025/26, ferme restando le operazioni di mobilità e i pensionamenti.

Per i docenti di religione cattolica è previsto, accanto alla procedura ordinaria, un concorso straordinario sul 50% dei posti liberi e vacanti per il triennio 2023/24 - 2025/26 (i posti a bando che erano stati inizialmente fissati con DPCM 20 luglio 2021 andrebbero ricalcolati dalla Ragioneria) che andrà a costituire una graduatoria di merito ad esaurimento. Tale concorso sarà riservato ai docenti che abbiano maturato almeno 36 mesi di servizio sull’irc nelle scuole statali e prevederà una prova orale didattico - metodologica.

Recentemente sono state prese le distanze dalla terza proroga dell’1 bis, ma la sostanza delle critiche va poi ad appoggiare quanto riproposto dalla normativa. Molti, trascurando il vero rischio rappresentato dallo scarso numero di posti a bando, solo metà dei quali è riservato alla procedura straordinaria, si sono interrogati, invece, sulla natura della prova prevista per questo concorso.

La riscrittura attuale del dispositivo di legge prevede, per la procedura straordinaria, una prova orale metodologico didattica. Occorre precisare che il requisito per accedere a questa prova è il possesso dei 36 mesi di servizio, ciò, anche in linea con la sentenza della CGUE del 13 gennaio scorso

La prova per soli titoli, che molti ancora reclamano, è invece un punto molto critico, proviamo a capire perchè. Nel 1989, grazie alla legge 417 fu istituzionalizzato il cosiddetto “doppio canale” che assegnava metà dei posti a disposizione per il ruolo al concorso per soli titoli. Per questa norma i requisiti per l’ammissione al concorso per soli titoli erano:

a) il superamento delle prove di un precedente concorso per titoli ed esami o di precedenti esami anche ai soli fini abilitativi, in relazione alla medesima classe di concorso od al medesimo posto;

b) un servizio di insegnamento negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado, ivi comprese le istituzioni scolastiche italiane all'estero, per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo, svolti sulla base del titolo di studio richiesto per l'accesso ai ruoli, nonché per insegnamenti relativi a classi di concorso che sia stato prestato, per almeno trecentosessanta giorni, anche non continuativi, nel triennio precedente, considerandosi cumulabili, da una parte, i servizi prestati nella scuola materna e nella scuola elementare e, dall'altra, i servizi prestati nelle scuole e negli istituti di istruzione secondaria.

Questa legge confluì nell’art.401 del T.U. del 16 aprile 1994 n. 297 (profondamente modificato dalla L.124/1999) mantenendo le caretteristiche iniziali dei requisiti. La sentenza del Consiglio di Stato sez. 6a del 12 maggio 1994, n. 756 negò però l’accesso nei ruoli magistrali agli insegnanti di religione attraverso il “doppio canale” precisando che “detti insegnanti - costituendo nell’ordinamento scolastico una categoria speciale posta ai margini dell’organizzazione scolastica e caratterizzata dalla peculiarità della materia insegnata - non appartengono al ruolo dei docenti statali né sono destinati a transitare in essi”.

Anche se questo parere negativo per gli insegnanti di religione è precedente rispetto alla L.186 del 2003 che ha istituito lo statuto giuridico degli insegnanti di religione e al primo e unico concorso del 2004, rimarrebbe la difficoltà del possesso dei due requisiti: la procedura, valida solo per quanti avessero già superato una prova selettiva, sarebbe eventualmente adattabile unicamente agli idonei 2004. Da aggiungere anche che il sistema di reclutamento per i docenti delle varie discipline, successivamente, ha conosciuto tutti i passaggi che hanno condotto alla difficile situazione attuale culminante con il DL 36/2022, poi convertito nella Legge 79/2022 del 29 giugno scorso, che ha posto un blocco definitivo alla reintroduzione del “doppio canale” prevedendo con gli art. 44-46 un modello unitario di formazione, abilitazione e accesso ai ruoli dello Stato.

Recentemente, dopo tanto tempo, il Decreto Sostegni Bis ha istituito un nuovo concorso straordinario dedicato ai precari di altre discipline nel quale uno dei requisiti di accesso sono state tre annualità di servizio negli ultimi cinque anni: il Concorso straordinario bis, ancora in via di svolgimento.

Le motivazioni per cui anche gli insegnanti di religione possono richiedere una prova senza voto minimo possono riferirsi alle recenti procedure dello straordinario bis, che escludono la natura selettiva per chi abbia superato i 36 mesi di servizio negli ultimi cinque anni.

Il concorso straordinario bis di cui al comma 9bis del DL 73/2021 si basa su prova orale (non c’è punteggio minimo) e valutazione titoli. Supera il concorso chi, sommando i punteggi, si colloca nel numero dei posti a bando. Per gli insegnanti di religione cattolica che parteciperebbero alla eventuale procedura straordinaria è prevista anche la graduatoria a scorrimento, dunque tutti supererebbero il concorso, anche chi prendesse 0 punti per la prova, semplicemente si collocherebbe in una posizione differente della graduatoria che può allontanare, un poco nel tempo, l’accesso ai ruoli dello Stato.

Il fatto che sia stata concessa una quota del 50% (tanto sproporzionata rispetto alla situazione reale data dall’assenza di concorsi per un periodo di tempo così lungo) per le procedure ordinarie potrebbe risultare, ora, un compromesso accettabile, ma che le critiche insistano ancora su altri elementi, meno pertinenti, e si concentrino sulla natura della prova prevista per lo straordinario, su cui è possibile impegnarsi e lavorare in sede di bando, evidenzia che ad oggi non è stata compresa la vera insidia nascosta nella formulazione della legge e che è rimasta quasi immutata sin da principio.